Claudio Baglioni si confessa. In un’intervista il cantautore romano parla delle sue paure nonostante oltre mezzo secolo di carriera. Cosa lo preoccupa così tanto?
L’incontro con un giornalista per un’intervista diviene l’occasione migliore per raccontare la sua storia. Una storia che è iniziata, più o meno, così: “’51 Montesacro e tutto cominciava, in un subaffitto e un muro che sudava“.
È infatti il 16 maggio 1951 quando a casa di Riccardo e Silvia Baglioni è arrivato Claudio Enrico Paolo Baglioni. La mamma, abile sarta, che: “aveva un suo talento estetico, che mi ha trasmesso“, e il suo papà, brigadiere del Carabinieri, che amava scrivere le poesie. La sua infanzia “niente soldi per comprare un fratellino“, la sua adolescenza “Quattrocchi e mezzo naso“, e la passione per la musica che inizia a crescere. È passato oltre mezzo secolo da allora e Cucaio, così pronunciava il suo nome il piccolo Claudio Baglioni, è diventato uno dei cantautori italiani più amati.
Nonostante tanti anni di canzoni, diverse centinaia di esibizioni dal vivo, sembra che non tutte le paure siano state cancellate. Ancora oggi rimangono alcuni frammenti “emotivi” che gli riportano alla mente gli esordi, quando ha iniziato ad esibirsi negli spazi che il suo quartiere romano di Centocelle gli metteva, ogni tanto, “a disposizione”. In un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, Claudio Baglioni confessa che…
Claudio Baglioni e la sua famiglia, l’educazione rigida impartita dai suoi genitori, le chiacchiere con gli amici al bar e poi per “tutti Agonia“. Questo il suo soprannome per via di quell’aria, come l’ha definita lo stesso cantautore romano, un po’ “esistenzialista“, come riportato da music.fanpage.it.
Passano gli anni, quell’enorme massa di capelli scuri, modello copertina del suo album più bello ed importante, Strada Facendo, si è notevolmente ridotta lasciando il campo libero al bianco più candido. Eppure, ogni volta che Claudio Baglioni si appresta a salire sul palco, prova la stessa identica emozione, ma anche qualcos’altro…La medesima, immancabile agitazione.
La racconta così: “Col tempo la preoccupazione è aumentata. L’anno scorso, alla prima tappa al Teatro dell’Opera di Roma, mi sono seduto davanti alla tastiera e mi è partito un attacco di panico. Ho continuato a suonare, piano, piano è passato“. Una sensazione strana, quasi inspiegabile se si pensa un attimo alla lunghissima carriera del cantautore romano.
Che descrive questa sua “cronica agitazione” come un naturale bisogno di sentirsi sempre meritevole del grande successo che il pubblico gli ha attribuito. Una sorta di infinita sfida con se stesso che non riesce mai a vincere. Questo, però, è soltanto il suo giudizio. Il suo pubblico la pensa in maniera completamente diversa. Da oltre mezzo secolo.
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