I bambini che oggi hanno 5 anni con molte probabilità vivranno fino a 100 e anche più. Ma come sarà la loro vita? Ecco una previsione in chiaroscuro sugli anziani di domani.
Per le nuove generazioni il traguardo di un secolo di vita sarà la normalità. I demografi non hanno dubbi al riguardo: i bambini che oggi hanno 5 anni hanno altissime probabilità di diventare centenari e, verosimilmente, entro il 2050 questa sarà la norma per i neonati dei Paesi più ricchi (Stati Uniti, Europa e parte dell’Asia). Ma la loro vita sarà anche profondamente diversa da quella dei loro genitori e nonni. In che senso?
L’invecchiamento, un elemento positivo in sé, rappresenta una fonte di preoccupazione sotto diversi punti di vista. C’è chi è ottimista, come Andrew Scott, professore di economia alla London School of Business e coautore di The 100-Year Life, secondo cui “le persone vivono più a lungo, ma in media rimangono anche sane più a lungo. È incredibile che questo dato venga trasformato in una cattiva notizia”, spiega al National Geographic. Però non tutti la pensano così.
Il punto è che il tasso di crescita demografica globale sta rallentando: si prevede un picco a metà del secolo, seguito da una diminuzione. Quello che si prospetta è dunque un mondo meno popolato e pieno di anziani. Il che significa anche allungamento del periodo di pensionamento, maggior numero di persone fragili e più alta incidenze di malattie.
Laura Carstensen, docente di psicologia e direttrice del Centro sulla longevità di Stanford, è convinta che la strada da perseguire sia un’altra: “Abbiamo l’incredibile opportunità di ridisegnare le nostre vite”, dice sempre al National Geographic. Come? Prolungando la mezza età anziché la vecchiaia grazie ai progressi della medicina, della scienza e della tecnologia.
Il futuro dei bambini di oggi sarà segnato da progressi tecnologici quotidiani: stampanti in 3D per raddrizzare i denti, dispositivi diagnostici indossabili e biosensori per monitorare le condizioni di salute e prevenire le malattie, esoscheletri bionici per alleviare i dolori muscolari. Ma per godere appieno delle opportunità offerte dalla longevità, superando i problemi legati a malattie e carenza di risorse economiche pubbliche e private, occorre necessariamente modificare il modo in cui ogni fase della vita viene gestita. E in questo senso la strada da fare è ancora lunga e tortuosa.
Oggi si tende a concepire la vita come un percorso lineare in tre fasi: 25 anni da dedicare all’istruzione, 45 anni al lavoro e il resto alla pensione. Ma se in un prossimo futuro vivremo fino a 100 anni, andare in pensione a 65 non ha più senso, da tutti i punti di vista. Dovremmo invece abituarci a una vita – privata e lavorativa – a più fasi, molto più flessibile e fluida. Le tre fasi di cui sopra si allungheranno, e soprattutto il pensionamento dovrà essere valorizzato con attività part-time, di tutoraggio e/o volontariato. Più anziani, sì, ma anche più attivi, produttivi e responsabili, e in fondo più felici.
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