Esiste un test che diagnostica precocemente la demenza senile e si basa su operazioni semplicissime quotidiane. Ecco di cosa si tratta.
Un test, messo a punto da una dottoressa dell’Istituto San Camillo del Lido di Venezia, riesce a capire chi soffre di demenza senile (e non solo) partendo dal rapporto con i soldi. Ecco di cosa si tratta nello specifico.
Sai che la tua relazione con i soldi potrebbe dirti se sei predisposto alla demenza senile oppure no? C’è una relazione – neanche troppo sottile – tra il nostro portafoglio e il decadimento cognitivo: lo ha scoperto Francesca Burgio, direttrice del Servizio di Neuropsicologia e del Laboratorio di neuropsicologia presso l’Istituto San Camillo del Lido di Venezia.
“Ci siamo accorti dall’osservazione della vita quotidiana che c’era qualcosa che non avevamo ancora indagato a sufficienza. Mi riferisco all’anziana signora che al supermercato prende il portafoglio e dice alla commessa: “faccia lei”: con queste parole la dottoressa ha spiegato la genesi del suo studio.
Sì, perché spesso questa scena viene interpretata con stupore, oppure quasi con commiserazione, ma in realtà nasconde un indicatore ben preciso del “decadimento neurologico dovuto a malattie neurodegenerative o cerebrovascolari e da invecchiamento cognitivo patologico è proprio il rapporto con i quattrini”.
Il rapporto con i soldi ci fa comprendere la “salute” del nostro cervello in sostanza. Questa è una verità raccontata dalla succitata dottoressa Burgio. E, sia chiaro, non si tratta solo ed esclusivamente di demenza senile, perché non sono solo gli anni a determinare una condizione di decadimento neurologico. Anche un ictus, ad esempio, potrebbe portarci a non saper più gestire i soldi, “anche se magari fino al giorno prima eravamo dei maghi della finanza”.
In sostanza, capire come una persona – di qualunque età – gestisce il proprio portafogli e dà valore al suo denaro, ci fa comprendere anche qualcosa di più sullo status del suo cervello.
Partendo da questo assunto di base, la dottoressa Burgio e il suo team hanno “messo a punto un test, il Nadl-f (Numerical activities of daily living financial), in grado di dirci se una persona è in grado o no di gestire in autonomia i suoi soldi”.
In cosa consiste? Tutto parte dalla capacità di riconoscere i vari tagli, prosegue poi con il conteggio dei soldi e termina con lo studio della capacità del singolo individuo di attribuire un valore concreto al denaro, di comprendere concetti più complessi, come cos’è l’Iban e di non credere a tutto ciò che gli viene raccontato. Il punto è che, “in presenza di un invecchiamento cognitivo cerebrale il paziente non capisce le intenzioni della persona che ha davanti”.
L’ultimo step è una risonanza magnetica, che dovrebbe confermare il risultato ottenuto con il test. Quello che in genere si evince è che in questi pazienti “vengano sollecitate le aree sottocorticali del cervello” (quelle, cioè, che si attivano quando ad esempio quando si è in presenza di stimoli legati al cibo), “mentre vengono meno le aree corticali superiori”. In sostanza, queste persone si divertono a “giocare” con i soldi, ma finiscono poi per perderli. Letteralmente.
Il Ministero della salute comunque ha finanziato sia la ricerca che la riabilitazione, finalizzata a ridare ai pazienti le competenze tali da permettere loro di gestire il loro denaro in autonomia. A questo proposito esiste anche la tele riabilitazione, che consiste nel dare al paziente un tablet che usa per “lavorare su sé stesso” a distanza.
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