Cos’è la diffamazione e cosa dice la legge. Ecco cosa si rischia se si offende pubblicamente una persona, anche sui social
Nell’ultimo periodo hanno fatto scalpore due casi. Uno è quello in cui la Premier Giorgia Meloni ha sporto denuncia per diffamazione per essere stata insultata da Brian Molko dei Placebo sul palco a Torino un mese fa. Il cantante inglese durante il concerto l’ha apostrofata come “fascista, razzista, nazista e pezzo di merda”.
La notizia ha avuto un grande risalto anche internazionale, in quanto i Placebo sono una band musicale ascoltata in tutto il mondo. Il caso più recente è quello del banchiere Massimo Segre, che pochi giorni fa ha dichiarato pubblicamente di non voler più sposare la sua fidanzata Cristina Seymandi perché infedele, con tanto di immagini che portavano le prove. Il video ha fatto il giro dei social e anche i giornali ne hanno parlato molto.
Reato di diffamazione, cosa dice la legge italiana
Quando si tratta di reato di diffamazione, la legge è chiara anche se numerose persone non conoscono questa legge. Spesso, è proprio questo “non sapere” che si sfocia in questa fattispecie. Con i social network i casi di sono aumentati, poi c’è quella la diffamazione a mezzo stampa sui giornali, che va contro ogni regola di deontologia giornalistica.
In Italia il reato è disciplinato dalla legge 595 del codice penale e recita che la diffamazione è quando si comunica a più persone un fatto, offendendo l’altrui reputazione. E’ punito con la reclusione fino a un anno e la multa di 1032 euro, con alcune aggravanti specifiche. E’ diffamazione quando qualcuno pubblicamente diffonde un pettegolezzo, vero, presunto o falso.
Sono diffamazione anche gli insulti utilizzati in presenza di altre persone, anche usando i social network, così come quando si insultano politici e figure istituzionali. Non va confuso con l’ingiuria e la calunnia. Il primo non è più reato dal 2016 e consisteva nell’offendere una persona senza necessariamente la presenza di altri.
La calunnia è quando qualcuno incolpa una persona di aver commesso un reato e perché si verifichi è necessario che vada a sporgere denuncia contro di essa. Per quanto riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa, quello che avviene sui social, ma anche sui giornali e altri media da parte di professionisti, il discorso diventa più complesso quando si scontra con il diritto di cronaca e di critica.
Esiste però una linea sottile che separa tale diritto con la diffamazione. Spesso capita di sentire casi di giornalisti denunciati per aver scritto una notizia. Diritto di cronaca e critica sono garantiti costituzionalmente, ma sono illimitati. Richiedono infatti correttezza, rispetto e pertinenza nella divulgazione e implica l’obbligo di rispettare la verità.
La diffamazione a mezzo stampa è un reato ancora più grave, con pene fino a tre anni di reclusione e multe non inferiori a 516 euro. L’articolo 13 della legge sulla stampa, che prevedeva pene più severe, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale nel 2021. Invece, l’articolo 595 del Codice Penale, che disciplina la diffamazione a mezzo stampa, è stato dichiarato costituzionalmente valido.