Uno studio della Keck School of Medicine ha evidenziato una possibile soluzione all’emicrania cronica: cosa succede davvero al cervello.
Chiunque abbia sofferto nella vita di cefalea, sa benissimo che l’emicrania può essere un problema invalidante per chi ne soffre in maniera cronica. Affinché un’emicrania venga considerata cronica, il soggetto deve avere mal di testa per almeno 15 giorni al mese per un periodo di tre mesi. Tendenzialmente chi soffre di emicrania cronica è un soggetto che presentava forme episodiche di cefalea che con il passare del tempo sono diventate sempre più assidue fino a diventare una costante.
In medicina si distinguono i fattori di emicrania cronica tra modificabili e non modificabili. Tra quelli che possono essere modificati abbiamo:
-trattamento farmacologico inadeguato;
-uso eccessivo di farmaci;
-abuso di alcol o di caffeina;
-obesità;
-ansia o depressione;
-disturbi del sonno;
-stress;
-presenza del sintomo della allodinia cutanea cefalica o extracefalica (percezione di dolore al semplice tatto);
-patologie somatiche (dolore temporo-mandibolare, ipertensione arteriosa).
Su questi fattori è dunque possibile agire e riuscire a impedire che il problema persista in maniera invalidante. Soffrire di emicrania cronica ha effetti deleteri sulla salute e sulla vita del soggetto. Con mal di testa troppo forti e costanti è impossibile concentrarsi e lavorare in maniera efficace, ma anche stare in contesti sociali rumorosi. Gli episodi più forti costringono il soggetto a interrompere qualsiasi attività poiché possono presentarsi fastidi come vertigini, nausea e appannamento della vista.
Attualmente non si conoscono con certezza quali potrebbero essere le cause delle emicranee e dunque il perché dello svilupparsi della cronicità in determinati soggetti. Annualmente vengono fatti diversi studi per rintracciare la causa di questi fastidi e lo scorso novembre ne è stato pubblicato uno dalla Keck School of Medicine di Los Angeles che sembra essere promettente.
Stando a quanto asserito dagli studiosi, la causa delle emicranee potrebbe risiedere in un problema di smaltimento dei rifiuti del cervello. Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno esaminato l’attività cerebrale di dieci pazienti affetti da emicrania cronica, dieci affetti da emicrania episodica e di 5 soggetti sani. Ciascuno di loro è stato sottoposto a delle risonanze magnetiche ad alta risoluzione, capaci di mostrare più nel dettaglio le varie zone del cervello.
In questo modo è stato possibile osservare da vicino gli spazi perivascolari, ovvero delle sacche piene di liquido adibite allo smaltimento dei rifiuti del cervello che si trovano vicino ai vasi sanguigni. Dall’osservazione è emerso che nei soggetti affetti da emicranee queste sacche sono allargate e che vi sono anche delle lesioni strutturali della materia bianca (le fibre nervose).
Queste anomalie del sistema perivascolare non erano mai state riscontrate dagli studi precedenti, il che potrebbe significare che l’emicrania possa essere collegata ad un malfunzionamento di questo sistema. Chiaramente si tratta di una fase embrionale di ricerca e saranno necessarie ricerche maggiormente approfondite per confermare l’ipotesi avanzata dal gruppo della Keck School of Medicine. Tuttavia potrebbe essere il primo passo per la scoperta di metodi di prevenzione e cura di questi fastidi.
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