Si tratta dell’HOPO 14-1, un farmaco in fase di sperimentazione clinica che potrebbe rimuovere le particelle radioattive dal corpo umano senza effetti collaterali avversi.
Sono occorsi più di trent’anni di studi, analisi, sviluppi e test per raggiungere un risultato così promettente, attualmente in fase di sperimentazione clinica presso l’Istituto di Ricerca californiano SRI International. A spiegare di cosa si tratta è la dottoressa Rebecca Abergel, specializzata in chimica inorganica ed attiva presso l’Università della California a Berkeley ed il Lawrence Berkeley National Laboratory.
Il farmaco è stato battezzato HOPO 14-1. Il suo obiettivo è di contrastare efficacemente la contaminazione interna di particelle di energia sprigionate dal nucleo di un atomo e che emettono radiazioni alfa, come ad esempio il plutonio. Quando queste particelle invadono l’organismo umano al suo interno, attivano un’azione di irraggiamento dei tessuti, penetrano nelle ossa raggiungendo il midollo e distruggono le cellule del sistema immunitario.
Le conseguenze più comuni dell’attività di queste particelle all’interno del nostro corpo sono particolarmente gravi, come infezioni, cancri, tumori e, purtroppo, il sopraggiungere della morte. Fino ad ora, il solo trattamento possibile contro l’avvelenamento da radiazioni è stato effettuato attraverso l’impiego del cosiddetto DTPA. Una molecola in grado di catturare i metalli tossici e di trasportarli fino ai reni, da cui potevano essere espulsi attraverso l’urina. Ma gli effetti collaterali riscontrati sono particolarmente numerosi.
I limiti del DTPA e il potenziale dell’HOPO 14-1
Il DTPA ha dimostrato di “soffrire” di numerose limitazioni e problematiche. Tra queste, risulta efficace solo per i tre attinoidi, ovvero i metalli radioattivi del plutonio, dell’americio e del curio. Inoltre, dev’essere somministrato per via endovenosa da un medico specializzato. Il difetto è quello di sottrarre al corpo umano minerali essenziali per il suo equilibrio e benessere, come il calcio e lo zinco.
Ecco perché l’HOPO 14-1 risulta così promettente: perché appare in grado di superare le limitazioni del DTPA e di risolverne le problematiche maggiori. Ad esempio, è risultato affine sia agli attinoidi del plutonio, dell’americio e del curio sia a quelli dell’uranio e del nettunio. Inoltre, può essere assunto come pillola, dunque anche in circostanze emergenziali a cui è necessario far fronte agendo con tempestività.
Ancora, presenta quattro “artigli” molecolari, ciascuno dei quali provvisto di due siti legame, che riescono quindi ad afferrare il metallo radioattivo saldamente in otto punti e condurlo all’intestino, da cui potrà essere espulso attraverso le feci. Ed i test fino ad ora effettuati, hanno confermato che non sembri catturare ed espellere molecole come il calcio e lo zinco né altre fisiologicamente essenziali per il benessere del nostro organismo. I test dunque proseguiranno fino a raggiungere la certezza che il farmaco possa essere approvato dalla FDA statunitense e dunque introdotto nel mercato farmaceutico.