In base ai risultati ottenuti da una ricerca australiana, l’assunzione regolare di vitamina D altera il tasso di eventi cardiovascolari: ecco chi ne può beneficiare
In ambito cardiovascolare, fino ad ora non è stato semplice giungere ad indiscutibili evidenze riguardo all’effettiva possibilità degli integratori di vitamina D di prevenire ictus ed infarti. Ciò a causa di studi condotti in modo randomico, che hanno portato a risultati soltanto di tipo ipotetico e dunque fondamentalmente incerti.
Ma grazie ad una nuova ricerca effettuata in Australia abbiamo ora solide prove riguardo alla loro efficacia.
Le malattie di tipo cardiovascolare sono una delle principali cause di decesso a livello mondiale e si riferiscono a difetti che interessano in prevalenza l’organo del cuore ed i vasi sanguigni. Vi è una relazione direttamente proporzionale, inoltre, tra l’invecchiamento della popolazione mondiale e l’aumento di malattie croniche CVD (acronimo di cardiovascolare). Queste malattie, infatti, stanno diventando sempre più frequenti e comuni proprio a causa della dilatazione degli anni medi di vita degli esseri umani.
Ecco, dunque, che tra il 2014 ed il 2020 un gruppo di ricerca australiano ha condotto lo studio “D-Health Trial”, coinvolgendo oltre ventimila persone (21.315, nello specifico). La caratteristica principale di questa platea coinvolta nella ricerca è stata l’età: ovvero tra i 60 e gli 84 anni. Ed è proprio l’età ad aver condotto alle nuove evidenze che offrono una lettura inedita dell’effetto degli integratori di vitamina D sul sistema cardiovascolare.
Com’è stato condotto lo studio ed i risultati raggiunti
In modo casuale, circa la metà della platea (10.662 persone) ha assunto mensilmente per via orale e per cinque anni una capsula da 60.000 UI di vitamina D. L’altra metà invece (10.653 persone) ha assunto un placebo. I risultati hanno condotto all’evidenza che l’integrazione regolare di vitamina D può effettivamente ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi in persone di questa età.
“Questi risultati – ha dichiarato un ricercatore – suggeriscono che le conclusioni secondo cui l’integrazione di vitamina D non altera il rischio di malattie cardiovascolari sono premature”. Le conclusioni più plausibili della ricerca, infatti, hanno dimostrato che l’alterazione si è verificata con una percentuale del 9% di eventi cardiovascolari gravi verificatisi in meno nel gruppo che ha assunto regolarmente la vitamina D rispetto al gruppo che ha assunto il placebo.
Inoltre, mentre non è emersa differenza alcuna tra i due gruppi in relazione agli eventi di ictus, il tasso d’infarto per il gruppo che ha assunto la vitamina D è risultato inferiore del 19% rispetto al gruppo placebo ed il tasso di rivascolarizzazione coronarica inferiore dell’11%.