Quando si parla di questa ricetta, inevitabilmente la prima associazione che viene fatta è quella con la Capitale. In pochi però sanno che in realtà ad avere l’idea furono degli insospettabili (con alcune varianti terrificanti) e che la Città Eterna la adottò solo successivamente
È la ricetta simbolo di Roma, quella che più di ogni altra viene associata alla Città Eterna. La pasta alla carbonara è una vera e propria istituzione culinaria, sulla quale si aprono spesso anche dibattiti, al fine di conservarne la preparazione originale ed evitare che possa essere “contaminata” da esperimenti vari o modifiche agli ingredienti. Quello che non tutti sanno, però, è che questa ricetta sia relativamente giovane e che le origini, almeno secondo quello che racconta la storia, sono in parte americane (già), napoletane e abruzzesi, diventando solo successivamente un emblema della Capitale.
La carbonara, infatti, inizia a comparire dal 1944, quando – secondo la narrazione popolare – i soldati americani in Italia per via della Seconda Guerra Mondiale assaggiarono la pasta “cacio e ova” abruzzese, quella preparata dai carbonai (che in romanesco venivano chiamati “carbonari”) nel territorio dell’Aquilano. Furono loro a voler aggiungere a questo piatto il guanciale, o magari (eresia) il bacon, che importavano direttamente dagli Stati Uniti.
Questa è una versione, ma un’altra porta invece a Napoli, più o meno nello stesso periodo. Anche in questo caso c’entrano le truppe americane, che si godevano il “cibo da strada” servito nella città campana. Ovviamente non si facevano sfuggire la tipica pizza a portafoglio, ma allo stesso tempo scoprirono gli spaghetti cotti velocemente e conditi con cacio e pepe. Ecco, secondo la leggenda, un soldato americano un giorno decise di aggiungere a quel piatto la “razione K”, un composto di uova in polvere, pancetta e panna liquida.
Vade retro Satana, verrebbe da pensare in questo momento, ma secondo alcuni è proprio da quell’idea che si arrivò poi alla ricetta della carbonara per come la conosciamo oggi, perché i cuochi napoletani lavorarono sugli ingredienti e arrivarono a ottenere il risultato migliore. Da lì il piatto si diffuse rapidamente anche a Roma, che la adottò immediatamente, curandola come si deve, e facendola diventare emblema della città. Ma senza bacon e panna, per carità.
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