Con la nuova riforma fiscale l’esecutivo pensa di rimodulare lo schema delle aliquote Irpef: ecco come potrebbero cambiare anche le pensioni
Per ora si tratta ancora di previsioni. Le quali, negli ultimi mesi, si sono susseguite insieme ad ipotesi basate su un dato che ormai diamo per certo: ovvero, che il Governo pare deciso ad abbandonare l’attuale schema di aliquote Irpef organizzato in quattro scaglioni per applicarne uno a tre. Ed anche, tuttavia, su altre previsioni ed ipotesi ancora tutte da verificare: in particolare, riguardo ai possibili schemi a tre aliquote più interessanti e realizzabili di altri secondo il Governo.
Ma partiamo dall’esistente: ad oggi le quattro aliquote Irpef prevedono trattenute al 23% per i redditi fino a 15.000 Euro; al 25% per i redditi tra i 15.001 ed i 28.000 Euro; al 35% per i redditi tra i 28.001 ed i 50.000 Euro; ed infine al 43% per redditi superiori a 50.001 Euro. Inoltre, al di sotto della soglia di reddito annuo minimo di 8.500 Euro non viene applicata nessuna trattenuta.
Tra le varie ipotesi emerse nelle ultime settimane e negli ultimi mesi, la più probabile sembra essere quella di un accorpamento dei primi due scaglioni, mantenendo le trattenute al 23%. A questa si aggiunge anche la possibilità paventata che il secondo scaglione riduca la trattenuta del 35% al 33%. Se questa sarà la scelta definitiva dell’esecutivo, ecco dunque che le fasce che otterrebbero maggiori vantaggi sarebbe le intermedie, ovvero quelle di redditi compresi tra i 15.001 ed i 50.000 Euro. E cosa succederebbe alle pensioni?
Le conseguenze dello schema a tre aliquote Irpef sulle pensioni
Poniamo quindi di valutare lo schema – anche mantenendo il secondo scaglione al 35% – in riferimento alle pensioni: cosa cambierebbe? Ebbene, l’effetto sarebbe quello di vantaggi economici sempre più vantaggiosi in ordine di reddito crescente. In altre parole: maggiore il reddito, maggiore il guadagno ottenuto per effetto della nuova riforma fiscale.
Facciamo alcuni esempi: per i redditi pari a 16.000 Euro all’anno, l’aumento sarebbe di circa 20 Euro (sempre all’anno), mentre per chi ne percepisce 20.000 l’aumento salirebbe a circa 100 Euro. Per i redditi di 28.000 Euro, invece, passerebbe a circa 260 Euro. Il che pone questioni sul fatto che a beneficiarne maggiormente sarebbero i percettori di redditi più elevati invece dei meno abbienti, con rischi di ampliamento del divario sociale in termini di potere d’acquisto.
Tuttavia, come dicevamo, gli schemi sono ancora al vaglio del Governo e, in base alle previsioni più probabili, è questione ormai soltanto più di poche settimane per conoscere quale verrà scelto come definitivo da introdurre nella nuova riforma fiscale.