Di fontamentale importanza è prestare attenzione a eventuali sintomi del tumore al colon-retto. Ancora di più lo è fare prevenzione.
Il tumore al colon-retto è uno di quei disturbi a cui è necessario prestare molta attenzione per la propria salute. Ci sono dei sintomi a cui si può fare caso, da comunicare immediatamente al proprio medico. Questo tipo di cancro si forma, per l’appunto, nei tessuti del retto – ovvero, la zona dell’intestino crasso che si trova nei pressi dell’ano – o del colon, cioè la zona più lunga dell’intestino crasso. Si tratta, comunque, di quella parte di corpo che si occupa dell’assorbimento delle sostanze nutritive degli alimenti che ingeriamo.
La sintomatologia può, dunque, aiutare a riconoscere il tumore al colon-retto, ma è fondamentale la prevenzione. Scopriamo come si riconosce questo tipo di tumore, i sintomi, i fattori di rischio e le cure.
I sintomi del tumore al colon-retto
Tra i sintomi del tumore al colon-retto da non sottovalutare, possono presentarsi semplici stitichezza o diarrea, ma anche perdita di sangue tra le feci, anemizzazione, stanchezza, spossatezza e un calo ponderale involontario. Non sempre si tratta, però, di una sintomatologia riconoscibile.
Naturalmente, nelle fasi iniziali della malattia il tumore al colon-retto può essere asintomatico e non permettere al paziente di riconoscere la sua presenza. Si tratta, comunque, di uno dei tumori più diffusi nei Paesi occidentali.
L’importanza della prevenzione e delle cure
La prevenzione è la prima vera arma contro il tumore al colon-retto, perché questa permette di riconoscerlo prima ancora che si manifestino i sintomi. Una diagnosi precoce permette di mettere in atto, immediatamente, tutte le cure necessarie per combatterlo al meglio, riducendo la mortalità. Grazie allo screening, si asportano gli adenomi prima che si trasformino in tumore ed è possibile curare la malattia nel suo stadio più precoce.
Per fare prevenzione è necessario l’esame del sangue occulto fecale, da effettuare almeno ogni due anni e la colonscopia. Il primo esame è valido ma, per i pazienti più a rischio per familiarità o malattie infiammatorie croniche, è meglio procedere con l’endoscopia con una frequenza stabilita dal medico.
Da tenere presente anche i fattori di rischio come la familiarità, malattie genetiche e malattie infiammatorie croniche intestinali, ma anche il fumo di sigaretta, il consumo di alcol, uno stile di vita sedentario e un’alimentazione ricca di carni rosse, lipidi e carboidrati e povera di frutta, verdura e legumi.
Le cure prevedono, generalmente, la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia, ma anche l’assunzione di farmaci immunoterapici. Resta il fatto che i programmi di screening sono fondamentali per salvare delle vite, prima che si formino metastasi ad organi come fegato, polmoni, ovaie, surreni, sistema nervoso centrale e ossa.